lunedì 21 maggio 2012

Hispanic Flight

Alla soglia dei trenta sto diventando sempre più intollerante. Lo ammetto. Ma credo anche che ci sia un limite a tutto. Come quella volta che in aereo, finii accanto a due spagnoli. Non chiusero bocca un secondo. Due ore e quaranta di volo, due ore e quaranta di chiacchere e risatine continue: fase di decollo e atterraggio comprese. Per distrarmi un po', ogni tanto guardavo, fuori dal mio oblò, l'ala destra di quel volo low-cost. Alzai pure il volume dell'I pod al massimo, ma il risultato ne fu un Battisti con accento spagnoleggiante. Un vero disastro. Provai a leggere, ma impossibile. Dormire, non se ne parli. Non ne potevo più. Arrivai a sperare che scendessero le mascherine dell'ossigeno, forse con quelle davanti si sarebbero dati una calmata. Una volta arrivata a destinazione, presi la metro che si trovava proprio sotto al terminal. Quel viaggio fu molto più silenzioso invece. Nessuna fiatava. Tutti sembravano immobili, spersi o immersi in chissà quali pensieri. Ogni tanto qualcuno sollevava lo sguardo, ma esclusivamente per controllare che ore fossero o se la fermata fosse quella giusta. Dopo 40 minuti ero in Hotel. Chiavi lanciate sulla scrivania, borsone lasciato all'entrata, una doccia veloce, una sbirciatina alle mail e finalmente a letto. L'ultimo pensiero: avranno smesso di chiaccherare gli spagnoli?

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