martedì 7 luglio 2015

Comme le premier temps


In uno di quei vecchi film francesi
con le musichine francesi
nelle brume francesi
Yves Montand diceva ad Annie Giraradot
o Maurice Ronet a Jeanne Moreau
che il segreto dei lunghi amori
é continuare a vedersi
come la prima volta che ci si vide.

(Michele Mari)

giovedì 23 aprile 2015

In the heart of a fast passenger



Udine.
Questa città è stata una vittoria.
La mia vittoria.

Arrivai, circa un anno e mezzo fa, insieme a "qualcuno" e ringrazio invece un "qualcun altro" per aver interrotto quel percorso, perchè ho iniziato a scoprire la meravigliosa realtà che mi stava circondando, esattamente, da quel momento.

Udine è stata tutto.
Ma, soprattutto, scoperta. Una scoperta mia personale.
Mi sono vista capace di cose che mai avrei pensato come cercare una stanza e prendere appuntamenti su appuntamenti, alcuni dei quali in zone della città mai sentite nominare, e che sono riuscita a raggiungere aggrappandomi ad un preziosissimo navigatore.
Quante mani strette, quanti frammenti di vite intravisti tra una felpa lanciata casualmente sul letto e la tazza colorata della colazione lasciata sulla scrivania, vicino al computer, con ancora l'ultimo goccio di caffè.
Quante situazioni, ho pensato, così terribilmente simili alla mia: giovani in giro per l'Italia, completamente soli, ma fottutamente motivati vuoi per un master, un corso universitario o un lavoro.
Ho iniziato a fare cose anche semplici ma che prima, chissà perchè, mi causavano un certo disagio come cucinare davanti a sconosciuti senza minimamente preoccuparmi di sbagliare qualche passaggio.
Ecco, ho imparato a fregarmene delle piccolezze.
Ho imparato ad essere coraggiosa. Ancora di più.

Udine è stata tante cose. Troppe.
Una coinquilina fantastica e un pò anima in pena come me, un appartamento che mi scaldava l'anima ogni volta che rientravo nonostante non avesse il dolce profumo di casa propria, esperienze lavorative costruttive, autobus, treni, paesaggi nuovi, dialetti e abitudini diversi. La mia prima donazione di sangue. Caffè veloci dell'ultimo momento prima di entrare a lavoro e caffè, invece, gustati in qualche localino caratteristico che avevo scovato, curiosando per la città, nel giorno libero.

Udine è stata qualche spritz e bicchiere di tokaj e tanti tantissimi brindisi.
E' stata frico con polenta e anche i gamberoni più buoni che avessi mai mangiato (nonostante provenga da una città di mare) cucinati dal mio amico Giacomo, alle tre di notte, dopo una serata trascorsa per locali. E' stata la sintesi di tutti i meravigliosi racconti delle persone conosciute sul lavoro, alla fermata dell'autobus o alla cassa di un supermercato.
E' stata la candelina del mio trentesimo compleanno spenta, durante la pausa pranzo, in un caldo pomeriggio di metà Maggio a Venzone, paesino quasi al confine con l'Austria. Fetta di torta portatami, in maniera del tutto inaspettata, dalla signora un po' in carne ma terribilmente dolce del bar vicino al mio posto di lavoro.
Udine e' stata anche la maxi pizza comprata da Giacomo a me e ad altri sei amici, e mangiata al tavolino di un distributore di benzina prima di rientrare a ballare nel locale a fianco dove, nel frattempo, avevamo lasciato i bicchieri.

Ovviamente, in tutto questo tempo, non sono mancati anche momenti di solitudine e di sconforto oltre al perenne timore di non riuscire ad arrivare a fine mese. Ci sono state bollette da pagare e qualche sigaretta in meno per riuscire a risparmiare il più possibile ma, nonostante tutto, non posso far altro che ringraziarti.
Ti ringrazio Udine perchè, non mi è rimasto molto altro da dirti, se non il fatto che sei stata VITA.

La più grande e cazzuta lezione di vita.






giovedì 19 marzo 2015

Se fossi stata quella che so che sarei dovuta essere


Se fossi riuscita ad essere quella che so che dovrei essere ti sarei corsa incontro ad ogni incrocio che ci separava, ti avrei sorriso e forse cercato di comprendere un po' di più.
Ti avrei portato il caffè a letto più spesso, e avrei stretto con più convinzione le mie braccia intorno al tuo collo.

Non mi sarei vergognata di chiederti il perchè di certi comportamenti per paura di rovinare tutto e di risultare pesante.
Avrei litigato.
Si, adesso col senno di poi, ti dico che avrei litigato, e di brutto anche. L'avrei fatto, se solo avessi saputo che sarebbe servito a non mandare a puttane tutto quanto.

Se fossi riuscita ad essere quella che so che dovrei essere ti avrei amato di brutto come forse avevi bisogno di essere amato in quel momento ma purtroppo io non sono questa, ho una corazza che mi nasconde; ho imparato ad amare ma con prudenza, stando attenta a non farmi troppo male.

Se io fossi stata quella che so che dovrei essere chissà come sarebbe andata; me lo chiedo spesso.
Forse sarebbe finita comunque.
Certe storie, d'altra parte, ce l'hanno intrinseca nel DNA l'incapacità di durare perchè se durassero, probabilmente, rischierebbero di essere anche le migliori.
Decisamente troppo belle per durare.

giovedì 5 marzo 2015

Quindi tutto va bene. Decisamente bene.


Sono circa un paio d'ore che mi ritrovo seduta all'interno di un piccolo bar nelle immediate vicinanze del centro di Udine. Si tratta di un localino molto rock'n roll, anche un pò trash che, non a caso, si chiama Rock'n soda.
Lungo le pareti vecchi poster di artisti del calibro dei Pink floyd, dei Rolling stone e dei Metallica. Decine e decine di eccentriche t-shirts acquistate, probabilmente, in giro per concerti pendono invece dal soffitto non troppo alto del locale. Ognuna di un gruppo musicale diverso, qualcuno di mia conoscenza qualcuno mai sentito nominare, alcune autografate altre più anonime.
Nonostante siano appena le undici di un giovedì mattina qualunque sulle bottiglie di vodka e rum, riposte con estrema precisione lungo i ripiani più alti del bar, brillano a intermittenza lucine rosse e verdi, ricreando un po' quell'atmosfera tipica dei locali anni Novanta.
Il soundtrack è accattivante: proprio in questo momento riesco a distinguere la genialità della chitarra elettrica di Jimi Hendrix.
Un juke box. Un juke box, però, sarebbe quello di cui avrebbe bisogno questo posto.
Un gettone inserito, il drink del momento che accompagna la canzone preferita e tutto un'orizzonte a schiudersi davanti.
Perchè tutto può succedere con la complicità di un sorso in più e della propria melodia in sottofondo.
Da lì può scaturire la magia.
Da lì risorgere il coraggio.
Da lì arrivare la fottuta decisione tanto pensata, e chissà per quale paradossale motivo, mai presa.
Da quel connubio può partire il sorriso che ti stravolgerà la vita o te la rovinerà per sempre. Quanto sarebbe bello poterlo sapere in anticipo.
Da lì può tendersi la mano a cui sognavi di aggrapparti da tanto, forse troppo tempo.
E, proprio da lì, puoi iniziare a riflettere. Focalizzare il volto di ogni parente, amico, collega e sentirti comunque solo. Solo col tuo animo senza pace. Solo col tuo piccolo bagaglio di esperienze ma mai sufficientemente pieno da poter dire "ok, adesso mi fermo", perchè sai che, in quel caso, il senso di insoddisfazione rischierebbe di divenire il tuo migliore amico.

Poi, proprio in balia di queste riflessioni, vengo interrotta dalla proprietaria tuttofare.
Una simpatica signora sulla sessantina dai capelli rosso acceso, esageratamente fuori posto, e una bocca avvolta in un rossetto dell'esatto colore dei capelli.
Mentre si avvicina noto un leggero zoppicare e viene spontaneo chiedermi come riesca a fare tutto da sola.
Ci sorridiamo.
Mi chiede con marcato accento friulano se desidero qualcos'altro.
Guardo l'orologio. Quasi mezzogiorno.
Opto per un toast e un succo all'albicocca.
Dopo un quarto d'ora mi ritrovo davanti un hamburger e uno spritz.
Torno a dirmi, stavolta con più convinzione, che evidentemente non riesce a fare tutto da sola, ma in sottofondo c'è "Just in time" di Nina Simone e, se avessi avuto un gettone, avrei proprio scelto lei quindi tutto va bene.

Decisamente bene.