Già da quando ero in fasce, mi piaceva concedermi qualche viaggetto. A un anno e qualcosa i miei mi portarono a Singapore. Quasi 15 ore di volo e credo di essere sclerata solo un paio di volte. Poi ci fu Ibiza, Parigi, Berlino, Santo Domingo, Madrid poi di nuovo Parigi. Ma porterò sempre nel cuore il tour statunitense tra Los Angeles, San Francisco e Las Vegas. Dieci giorni, una macchina al noleggio e la libertà di scoprire, di affascinarsi a tutto cio' che incontravamo. Anche i cartelli stradali restavano impressi, le dune del deserto, quell'autogrill in mezzo al nulla con l'insegna fluo e il classico cassiere che vedi nei film americani. L'albergo lampeggiante che fa capolino nel nulla e che ti riconduce alla vita frenetica della città. Malibu, Santa Monica, la pedalata in bici lungo la costa. Il Golden Gate. Ahh, il Golden Gate.
Ma in tutti questi viaggi mai una volta che non sia rimasta colpita anche da qualche immancabile turista italiano che riconosci all'istante per quel suo camminare aggrappato alle vetrine dei negozi. Arrogante. Testa alta, con quell'aria da "sono un uomo di mondo", annoiato dai viaggi. E poi te lo ritrovi di fianco, al bar, mentre in un inglese improvvisato ordina un cappuccino e lascia andare il solito commento sulla superiorità del nostro di caffè. Come se ormai non fosse una cosa strarisaputa e superata.
"Londra è bella, però PariGGi. Eh beh, PariGGI ha sempre quel suo fascino. Peccato che si mangi male. Mo che tornamo però, se la famo una bella magnata, eh?"
Ricordo ancora. Londra, prima mattina nei pressi della Tate Modern. La faccia rivolta al sole. Sorrisi. E non risposi.
lunedì 28 maggio 2012
lunedì 21 maggio 2012
Hispanic Flight
Alla soglia dei trenta sto diventando sempre più intollerante. Lo ammetto. Ma credo anche che ci sia un limite a tutto. Come quella volta che in aereo, finii accanto a due spagnoli. Non chiusero bocca un secondo. Due ore e quaranta di volo, due ore e quaranta di chiacchere e risatine continue: fase di decollo e atterraggio comprese. Per distrarmi un po', ogni tanto guardavo, fuori dal mio oblò, l'ala destra di quel volo low-cost. Alzai pure il volume dell'I pod al massimo, ma il risultato ne fu un Battisti con accento spagnoleggiante. Un vero disastro. Provai a leggere, ma impossibile. Dormire, non se ne parli. Non ne potevo più. Arrivai a sperare che scendessero le mascherine dell'ossigeno, forse con quelle davanti si sarebbero dati una calmata. Una volta arrivata a destinazione, presi la metro che si trovava proprio sotto al terminal. Quel viaggio fu molto più silenzioso invece. Nessuna fiatava. Tutti sembravano immobili, spersi o immersi in chissà quali pensieri. Ogni tanto qualcuno sollevava lo sguardo, ma esclusivamente per controllare che ore fossero o se la fermata fosse quella giusta. Dopo 40 minuti ero in Hotel. Chiavi lanciate sulla scrivania, borsone lasciato all'entrata, una doccia veloce, una sbirciatina alle mail e finalmente a letto. L'ultimo pensiero: avranno smesso di chiaccherare gli spagnoli?
lunedì 7 maggio 2012
giovedì 3 maggio 2012
Vita da precario
Mc donald's. Ordino il mio panino preferito: hamburger al bacon e si, anche una patatina e una bustina di kechup. Grazie.
E mentre aspetto il tutto, ripenso alla notizia di oggi, arrivata in maniera inaspettata, maldestra, quasi fortuita.
Ad ottobre entrerò, probabilmente, anch'io a far parte di quel maledetto 30% di giovani disoccupati. Senza lavoro, o meglio senza progetti, senza ambizioni, totalmente inermi. Non per volontà loro, sia chiaro.. ma esclusivamente perchè questo è ciò che ci propina lo Stato. Questo e nient'altro.
Che poi a pensarci bene, il lavoro ci sarebbe: tirocini, stage non pagati, part-time sottopagati, contratti a chiamata che non si sa bene come funzionino e l'emigrazione. E non ti rimane che adattarti. E così, ti adatti tu, come tutto ciò che ti circonda, come il tuo stesso modo di vedere la vita. Stabilisci rapporti umani in base al contratto di turno. Rapporti a tempo determinato, figli a progetto, case in affitto, trasferimenti all'estero, nessuna possibilità di coltivare le proprie reali passioni perchè il lavoro oggi c'è, domani chissà. E nessun amico, esclusivamente colleghi.
Sei un essere umano precario e imposti le tue relazioni da precario.
Il risultato non può che esserne una società di schizofrenici. Schizofrenici solitari. E non sognatevi di dire, un giorno, che lavorate alle poste e godete di un contratto a tempo indeterminato. Sareste alquanto poco credibili e il risultato ne sarebbe una risata collettiva.
E mentre aspetto il tutto, ripenso alla notizia di oggi, arrivata in maniera inaspettata, maldestra, quasi fortuita.
Ad ottobre entrerò, probabilmente, anch'io a far parte di quel maledetto 30% di giovani disoccupati. Senza lavoro, o meglio senza progetti, senza ambizioni, totalmente inermi. Non per volontà loro, sia chiaro.. ma esclusivamente perchè questo è ciò che ci propina lo Stato. Questo e nient'altro.
Che poi a pensarci bene, il lavoro ci sarebbe: tirocini, stage non pagati, part-time sottopagati, contratti a chiamata che non si sa bene come funzionino e l'emigrazione. E non ti rimane che adattarti. E così, ti adatti tu, come tutto ciò che ti circonda, come il tuo stesso modo di vedere la vita. Stabilisci rapporti umani in base al contratto di turno. Rapporti a tempo determinato, figli a progetto, case in affitto, trasferimenti all'estero, nessuna possibilità di coltivare le proprie reali passioni perchè il lavoro oggi c'è, domani chissà. E nessun amico, esclusivamente colleghi.
Sei un essere umano precario e imposti le tue relazioni da precario.
Il risultato non può che esserne una società di schizofrenici. Schizofrenici solitari. E non sognatevi di dire, un giorno, che lavorate alle poste e godete di un contratto a tempo indeterminato. Sareste alquanto poco credibili e il risultato ne sarebbe una risata collettiva.
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