giovedì 23 aprile 2015
In the heart of a fast passenger
Udine.
Questa città è stata una vittoria.
La mia vittoria.
Arrivai, circa un anno e mezzo fa, insieme a "qualcuno" e ringrazio invece un "qualcun altro" per aver interrotto quel percorso, perchè ho iniziato a scoprire la meravigliosa realtà che mi stava circondando, esattamente, da quel momento.
Udine è stata tutto.
Ma, soprattutto, scoperta. Una scoperta mia personale.
Mi sono vista capace di cose che mai avrei pensato come cercare una stanza e prendere appuntamenti su appuntamenti, alcuni dei quali in zone della città mai sentite nominare, e che sono riuscita a raggiungere aggrappandomi ad un preziosissimo navigatore.
Quante mani strette, quanti frammenti di vite intravisti tra una felpa lanciata casualmente sul letto e la tazza colorata della colazione lasciata sulla scrivania, vicino al computer, con ancora l'ultimo goccio di caffè.
Quante situazioni, ho pensato, così terribilmente simili alla mia: giovani in giro per l'Italia, completamente soli, ma fottutamente motivati vuoi per un master, un corso universitario o un lavoro.
Ho iniziato a fare cose anche semplici ma che prima, chissà perchè, mi causavano un certo disagio come cucinare davanti a sconosciuti senza minimamente preoccuparmi di sbagliare qualche passaggio.
Ecco, ho imparato a fregarmene delle piccolezze.
Ho imparato ad essere coraggiosa. Ancora di più.
Udine è stata tante cose. Troppe.
Una coinquilina fantastica e un pò anima in pena come me, un appartamento che mi scaldava l'anima ogni volta che rientravo nonostante non avesse il dolce profumo di casa propria, esperienze lavorative costruttive, autobus, treni, paesaggi nuovi, dialetti e abitudini diversi. La mia prima donazione di sangue. Caffè veloci dell'ultimo momento prima di entrare a lavoro e caffè, invece, gustati in qualche localino caratteristico che avevo scovato, curiosando per la città, nel giorno libero.
Udine è stata qualche spritz e bicchiere di tokaj e tanti tantissimi brindisi.
E' stata frico con polenta e anche i gamberoni più buoni che avessi mai mangiato (nonostante provenga da una città di mare) cucinati dal mio amico Giacomo, alle tre di notte, dopo una serata trascorsa per locali. E' stata la sintesi di tutti i meravigliosi racconti delle persone conosciute sul lavoro, alla fermata dell'autobus o alla cassa di un supermercato.
E' stata la candelina del mio trentesimo compleanno spenta, durante la pausa pranzo, in un caldo pomeriggio di metà Maggio a Venzone, paesino quasi al confine con l'Austria. Fetta di torta portatami, in maniera del tutto inaspettata, dalla signora un po' in carne ma terribilmente dolce del bar vicino al mio posto di lavoro.
Udine e' stata anche la maxi pizza comprata da Giacomo a me e ad altri sei amici, e mangiata al tavolino di un distributore di benzina prima di rientrare a ballare nel locale a fianco dove, nel frattempo, avevamo lasciato i bicchieri.
Ovviamente, in tutto questo tempo, non sono mancati anche momenti di solitudine e di sconforto oltre al perenne timore di non riuscire ad arrivare a fine mese. Ci sono state bollette da pagare e qualche sigaretta in meno per riuscire a risparmiare il più possibile ma, nonostante tutto, non posso far altro che ringraziarti.
Ti ringrazio Udine perchè, non mi è rimasto molto altro da dirti, se non il fatto che sei stata VITA.
La più grande e cazzuta lezione di vita.
Iscriviti a:
Post (Atom)